Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/318

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Quel caro nutrimento in che di morso
Die’ chi ’l mondo fa nudo e ’l mio cor mesto,
Il dolce acerbo, e ’l bel piacer molesto
20Mi si fa d’ora in hora, onde ’l camino
Sì breve non fornir spero et pavento.
Nebbia o polvere al vento,
Fuggo per piùù non esser pellegrino:
Et così vada, s’è pur mio destino.
25Mai questa mortal vita a ma non piacque
(sassel’ Amor con cui spesso ne parlo)
Se non per lei che fu ’l suo lume, e ’l mio:
Poi che ’n terra morendo, al ciel rinacque
Quello spirto ond’io vissi, a seguitarlo
30(licito fusse) è ’l mi’ sommo desio.
Ma da dolermi ò ben sempre, perch’io
Fui mal accorto a provveder mio stato,
Ch’Amor mostrommi sotto quel bel ciglio
Per darmi altro consiglio:
35Chè tal morì già tristo et sconsolato,
Cui poco inanzi era ’l morir beato.
Nelli occhi ov’habitar solea ’l mio core
Fin che mia dura sorte invidia n’ebbe,
Che di sì ricco albergo il pose in bando,
40Di sua man propria avea descritto Amore
Con lettre di pietà quel ch’averrebbe
Tosto del mio sì lungo ir desïando.
Bello et dolce morire era allor quando,
Morend’io, non moria mia vita inseme,
45Anzi vivea di me l’optima parte:
Or mie speranza sparte
À Morte, et poca terra il mio ben preme;
Et vivo; et mai nol penso ch’i’ non treme.
Se stato fusse il mio poco intellecto
50Meco al bisogno, et non altra vaghezza
L’avesse disvïando altrove vòlto,
Ne la fronte a madonna avrei ben lecto: