Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/377

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294 TRIONFO

25Stelle chiare pareano; in mezzo, un sole
     Che tutte ornava e non togliea lor vista;
     Di rose incoronate e di viole.
E come gentil cor onore acquista,
     Così venia quella brigata allegra,
     30Quando vidi un’insegna oscura e trista:
Et una donna involta in veste negra,
     Con un furor qual io non so se mai
     Al tempo de’ giganti fusse a Flegra,
Si mosse e disse: - O tu, donna, che vai
     35Di gioventute e di bellezze altera,
     E di tua vita il termine non sai,
Io son colei che sì importuna e fera
     Chiamata son da voi, e sorda e cieca
     Gente a cui si fa notte inanzi sera.
40Io ho condotto al fin la gente greca
     E la troiana, a l’ultimo i Romani,
     Con la mia spada la qual punge e seca,
E popoli altri barbareschi e strani;
     E giugnendo quand’altri non m’aspetta,
     45Ho interrotti mille penser vani.
Or a voi, quando il viver più diletta,
     Drizzo il mio corso inanzi che Fortuna
     Nel vostro dolce qualche amaro metta. -
- In costor non hai tu ragione alcuna,
     50Ed in me poca; solo in questa spoglia
     (rispose quella che fu nel mondo una).
Altri so che n’avrà più di me doglia,
     La cui salute dal mio viver pende;
     A me fia grazia che di qui mi scioglia. -
55Qual è chi ’n cosa nova gli occhi intende,
     E vede ond’al principio non s’accorse,
     Di ch’or si meraviglia e si riprende,
Tal si fe’ quella fera, e poi che ’n forse
     Fu stata un poco: - Ben le riconosco, -
     60Disse - e so quando ’l mio dente le morse. -