Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/387

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304 DEL TRIONFO

Quando, mirando intorno su per l’erba,
     Vidi da l’altra parte giugner quella
     Che trae l’uom del sepolcro e ’n vita il serba.
Quale in sul giorno un’amorosa stella
     Suol venir d’orïente inanzi al sole
     Che s’accompagna volentier con ella,
Cotal venia; et oh! di quali scole
     Verrà ’l maestro che descriva a pieno
     Quel ch’io vo’ dir in semplici parole?
Era d’intorno il ciel tanto sereno,
     Che per tutto ’l desir ch’ardea nel core
     L’occhio mio non potea non venir meno.
Scolpito per le fronti era il valore
     De l’onorata gente, dov’io scorsi
     Molti di quei che legar vidi Amore.
Da man destra, ove gli occhi in prima porsi,
     La bella donna avea Cesare e Scipio,
     Ma qual più presso a gran pena m’accorsi:
L’un di vertute, e non d’Amor mancipio,
     L’altro d’entrambi. E poi mi fu mostrata,
     Dopo sì glorïoso e bel principio,
Gente di ferro e di valore armata;
     Siccome in Campidoglio al tempo antico
     Talora o per Via Sacra o per Via Lata,
Venian tutti in quell’ordine ch’i’ dico,
     E leggeasi a ciascuno intorno al ciglio
     Il nome al mondo più di gloria amico.
Io era intento al nobile pispiglio,
     Ai volti, agli atti: ed ecco, i primi due,
     L’un seguiva il nipote e l’altro il figlio,
Che sol senz’alcun pari al mondo fue;
     E quei che volser a’ nemici armati
     Chiudere il passo co le membra sue,
Duo padri da tre figli accompagnati:
     L’un giva inanzi e due venian dopo,
     E l’ultimo era il primo fra’ laudati.