Già era il mio desio presso che stanco,
Quando mi fece una leggiadra vista
Più vago di mirar ch’i’ ne fossi anco.
I’ vidi alquante donne ad una lista:
Antiope ed Oritia armata e bella,
Ippolita del figlio afflitta e trista,
E Menalippe, e ciascuna sì snella
Che vincerle fu gloria al grande Alcide:
E’ l’una ebbe, e Teseo l’altra sorella;
La vedova che sì secura vide
Morto ’l figliolo, e tal vendetta feo
Ch’uccise Ciro et or sua fama uccide,
Però che, udendo ancora il suo fin reo,
Par che di novo a sua gran colpa moia,
Tanto quel dì del suo nome perdeo.
Poi vidi quella che mal vide Troia,
E fra queste una vergine latina
Ch’in Italia a’ Troian fe’ molta noia.
Poi vidi la magnanima reina:
Con una treccia avolta e l’altra sparsa
Corse alla babilonica rapina;
Poi Cleopatra, e l’un’e l’altra er’ arsa
D’indegno foco; e vidi in quella tresca
Zenobia del suo onor assai più scarsa.
Bella era, e ne l’età fiorita e fresca;
Quanto in più gioventute e ’n più bellezza,
Tanto par ch’onestà sua laude accresca;
Nel cor femineo fu sì gran fermezza,
Che col bel viso e co l’armata coma
Fece temer chi per natura sprezza:
Io parlo de l’imperio alto di Roma,
Che con arme assalìo; ben ch’a l’estremo
Fusse al nostro trionfo ricca soma.
Fra’ nomi che in dir breve ascondo e premo,
Non fia Judith, la vedovetta ardita,
Che fe’ il folle amador del capo scemo.