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Capitolo XIX.


Un duello all’americana.


I grandi boschi si seguivano senza interruzione, sempre immensi, formati dai soliti pini neri del Canadà, da betulle e da aceri, le sole piante che resistono vittoriosamente a quei climi relativamente freddi.

Attraverso le folte macchie di quando in quando passavano a corsa sfrenata delle grosse alci dalle immense corna ramose, o qualche bisonte sperduto, che faceva drizzare gli occhi a lord Wylmore, il quale pareva che non fosse completamente guarito della sua bisontite acuta.

Se non che era stato dato l’ordine di non far fuoco per non attirare l’attenzione dei guerrieri di Nube Rossa, vecchio astuto, poteva aver lasciati indietro per meglio coprire la ritirata di Minehaha.

La corsa durò tre buone ore, poi gli avventurieri si accamparono.

Levarono uno strato di neve per dare ai mustani dell’erba, poi accesero il fuoco, mettendo ad arrostire uno dei due zamponi d’orso.

Lord Wylmore aveva fissati gli sguardi su quel pezzo gustosissimo che è meglio d’un prosciutto di maiale, ma il bandito, che lo spiava attentamente, disse subito:

— Voi non aver ucciso orsi oggi, e voi non mangiare che pemmican. Mi avete capito, milord?

— Dite? — chiese l’inglese.

— Mi sono spiegato abbastanza bene.

— Io pagare.

— Noi non siamo dei miserabili che abbiamo sempre bisogno dell’oro inglese ― disse il signor Devandel, un po’ seccato. ― Andate a regalare le vostre sterline agl’indiani, se credete.

— Voi dire?

— Che siete noioso col vostro pagare.

— Io essere milord.