Pagina:Leopardi - Dissertazioni filosofiche, Antenore.djvu/231

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DISSERTAZIONE SOPRA LA VIRTÙ MORALE IN GENERALE di naufragio gitta in mare le sue merci fa azion volontaria seb¬ bene egli sia tratto ad operare in tal modo dal timor della mor¬ te potendo egli determinarsi a perder la vita piuttosto, che le sue merci. Ricercasi in oltre, che l’azione sia fatta per fine di onestà poiché se alcuno nell’operare onestamente non miri, che al proprio interesse, al proprio comodo, od anco a cose di¬ soneste l’azione non potrà certamente chiamarsi I32I virtuosa. Vuoisi finalmente, che l’azion virtuosa sia fatta con costanza, e fermezza vale a dire è necessario, che l’uomo sia disposto a se¬ guir sempre nelle sue azioni le regole dell’onesto, perciò vir¬ tuosa non potrà chiamarsi l’azione di chi presta volonterosa¬ mente un picciol soccorso a’ suoi genitori disposto a non pre¬ stargliene altrimenti qualora di maggiori essi abbisognino. Ed in ciò consiste l’azion virtuosa, che l’uomo, che opera ami ve¬ ramente l’onesto, ed in modo, che tutto sia disposto a sacrifica¬ re per ubbidire alle sue leggi. Spiegato in che consista l’azion virtuosa fa or di mestieri spiegare, che cosa sia la virtù, quali il suo soggetto, e le sue pro¬ prietà, e quali la sua materia, ed i suoi estremi. E primieramen¬ te attenendoci al parer di Aristotele noi affermeremo essere la virtù un abito ossìa una facilità, e prontezza a seguir le regole dell’onesto acquistata per mezzo dell’uso, e dell’esercizio. E difatto egli è evidente, che un uomo non può chiamarsi virtuo¬ so se un abito, o una facilità I33I non ha acquistata a praticar la virtù, poiché come potrà chiamarsi sobrio colui il quale una so¬ la volta a gran fatica ha vinto la sua gola, o giusto colui, il quale 257