Pagina:Leopardi - Dissertazioni filosofiche, Antenore.djvu/473

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ANTONINO VALSECCHI derni. Primo argomento di Obbes proposto, e dissipato da S. Tommaso. 20. Valsecchi i, c. vi, § 3, 87 (Anima, §§ 60-62): In fatti qual cosa mai ad un uomo più vivamente si fa sentire, che la propria sua libertà, la quale consiste nella facoltà di scegliere; o sia nel potere di abbracciar l’uno, lasciando l’altro de’ due partiti (e)? (...). Che meccanismo, che fatalità, che necessità può spingersi mai in tal procedere? (...) Disaminate le ragioni, e trovati tutti i motivi, che spediente un de’ due partiti mi mostrano, io (...) o da quel partito m’astengo, o all’opposto ancora m’appiglio. Quale indizio brami tu più evidente di libertà? (e) «Proprium liberi arbitrii est electio. Ex hoc enim liberi arbitrii es¬ se dicimur quodpossumus unum recipere, alio recusato: quod est eligere. » S. Thom. I. p. q. 83. art. 3 &art. 4. ait. «Liberum arbitrium nihil aliud est quam vis electiva» 21. Valsecchi i, c. vi, § 3, 88 (Anima, §§ 64-65): E non isperimentiamo noi prima di risolvere la nostra indifferenza? E non ci sentiamo in egualpotere di jar l’azione, e di lasciarla?E non antiveggiamo noi, e prediciamo ciò, che sarem per fare non solo nell’i¬ stante, che segue, ma dopo giorni, e mesi, ed anni, a null’altro appoggiati, che al libero nostro volere cioè alla persuasione, che abbiamo di essere ora, e doverlo pur esser sempre delle azioni nostre padroni? E non siamo consapevoli a noi medesimi, che preso abbiam quel partito, perchè lo ab¬ biamo voluto, e lo abbiamo scelto: ma ch’era egualmente in nostra balia il non isceglierlo, e non volerlo?E d’onde nasce infatti l’amaro rimprove¬ ro, con cui condanniamo noi (b) stessi per mille intraprese qualor mala¬ mente riescono, se non dal sentir vivamente ch’era in nostra facoltà il tra¬ lasciarle, 0 il dirigerle in altra guisa? (b) «Exemplo quodcumque malo committitur, ipsi Displicet auctori; prima est haec ultio, quod se Iudice nemo nocens absolvitur, improba quamvis Gratia fallacis Praetoris vicerit urnam. » Juvenal. Satyr. 13. v. 1. 495