Caro Giacomo
Eccoti gl’elementi della Legge che ti ho mandata, sulla quale per-
donami avendo saputo, che chi doveva affrancarla invece la pose con
le altre alla bucha, e cosi [sic] avrai dovuto spendere per me.
Gl’elementi buoni sono sempre costanti nella scrittura del marmo,
ma talvolta per combinazione sono variati con le forme che tu cono-
scerai diversissime. Ciò ti dico soltanto perchè supplendola, come spero
che mi farai con commodo, abbi a conoscere qual lettera sia quella, che
è cambiata. È stato già terminato il facsìmile della inscrizione. Vorrei
sapere se quel lavoro, ossia traduzione sullo stile del trecento1 la
stampi a Bologna, o altrove, poiché ti vorrei suggerire di stamparla
a Firenze, ed io m’incaricherei con Viesseux [sic] di farla publicare
colà separata. Basta tu mi dirai ciò che ti torna più conto.
Intanto che io sperava, che si ricordassero di te una volta, mediante
le promesse fatte a Bunsen, ho veduto con mia sorpresa fatto scrit-
tore della Vaticana il Prof.1 Nibby, e scrittore greco, il quale quanta
maestria s’abbia in questa lingua tutti lo sanno. Ma così và. Non sò,
è vero, se a te sarebbe convenuto quel posto, tanto più che l’essere
in certo modo dipendente da Mons. Mai, sarebbe stata cosa da non
durare neppure un giorno, ma almeno era loro dovere di offrirtelo.
Addio caro Giacomo, non ti scrivo di più perchè essendo Giovedì
Santo, voglio andare a divertirmi un poco a S. Pietro, ed ora mi sov-
viene di tre anni già scorsi da che insieme andammo al Vaticano in
quel giorno.
Addio, addio. Ricordati del
Tuo
G. Melchiorri
684. |
Di Giuseppe De Mattiiaeis. |
|
Pregiatissimo Sig.r Conte
Profitto dell’occasione che mi presentano due giovani medici di
Recanati, il Sig.1' D.r Sorgoni e il Sig.r D.r Pellegrini onde scrivere que-
sta lettera a V.S. e rinnovarLe le proteste della mia stima e del mio