voglio abbandonare tale speranza. Se resta a Bologna, almeno nel pas-
sare che probabilmente farò nella primavera del 1826 per ripatriare,
potrò vederla in quella bella Città. Qui vedo pochi letterati italiani:
dei Romani solamente il Sig. March. Melchiorri, e particolarmente il
Sig. Emil. Sarti, giovane di vero acume filologico, e che in altre circo-
stanze saprebbe bene distinguersi. Mons.1 Mai lavora sulla Crestoma-
tia di Costantino: credo che trova il lavoro assai spinoso. - Ila letto
la traduzione di Platone da Cousin?3
Addio, caro Sig. Conte, e non parli mai più di obbligazioni e di
gratitudine, ma bensi [sic] mi creda sempre con vera amicizia e sin-
cero attaccamento
Suo divmo obbl. Servi ed amico Bunsen |
Pregiatiss. Sig. Cavaliere
In questo momento ricevo l’amabilissima sua dei 25 del cor-
rente, piena anzi ridondante di gentilezza e bontà. A quest’ora
credo ch’Ella avrà ricevuta la mia dei 24, coll’acclusa ostensi-
bile. Ora le dico che se l’emolumento della Cattedra combinata
di eloquenza greca e latina pare a Lei che basti a vivere onora-
tamente in cotesta città, Ella può fin da ora far tutti quei passi
che crederà opportuni perchè io ne sia graziato, giacché son
disposto di accettarla, e di recarmi costà al primo cenno del
Governo. Bensì, parlandole con quella confidenza e schiettezza,
che mi è permessa dall’amicizia ch’Ella mi dimostra, le sog-
giungo che io mi trovo ora in tali strettezze, che (non volendo
gravare la mia famiglia) il viaggio di qui a Roma mi riuscirebbe
difficile ad intraprendere; e però la pregherei di supplicare l’Emo
di Stato a porre il colmo alla sua bontà verso di me con farmi
somministrare qualche somma sufficiente al viaggio, in caso che
Sua Eminenza si degni di onorarmi e beneficarmi colla nomina
alla detta Cattedra combinata.