la fortuna mi concederà una cattedruccia, come spero, me n’andrò di
qua certamente. I miei studj vanno molto alla stracca, e perchè debbo
esser sempre fuori di casa per brighe mediche, e per aver avuto mia
moglie, che cordialmente vi risaluta, quasi sempre ammalata. Nondi-
meno quando posso vado lavorando attorno al 2.0 Tomo della mia
Opera sulle Perniciose, per la quale (se il voto pubblico è vero) son
quasi certo di ottenere un posto nell’Eliso de’ medici poco lontano
dal Torti.6 Il mio Trattato sui Temperamenti sta ancora in fieri come
voi lo vedeste. E ciò de’ miei studj di medicina: ho poi certi studj d’altro
genere nella mente, fra i quali mi occupa sopra tutti quello di mante-
nermi l’amicizia vostra. Addio.
Tutto vro affino
F. Puccinotti.
Recanati 28 Ottobre 1825
764. |
Di Monaldo Leopardi. |
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Recanati, 29 ottobre 1825. |
Mio caro figlio, Ricevetti la carissima vostra delli io cadente, rispon-
siva alla mia dei 6, e così l’ultima delli 24; ma non soggiunsi alla prima,
non già perchè me ne mancassero il tempo o la volontà, ma perchè
non volli esservi noioso con lettere troppo frequenti. Eccitai bensì i
vostri fratelli a scrivervi, e lo hanno fatto, ma la posta è pessimamente
servita.
Per quanto ho sentito dal cav. Antici, e per quanto ho letto nella
lettera da voi scritta a lui,1 da Roma vi offrono una cattedra, ed una
speranza di farvi Vice-Presidente della Università. Di quest’ultima cosa,
che sarebbe pure qualche cosa più del volgare, non abbiate alcuna
lusinga, perchè Roma dà solamente ai temerarii ed agl’importuni, e
voi, non essendo l’uno nè l’altro, non la avrete. Credo che potrete
contare sulla prima, perchè piccola, perchè la temerità non basta a soste-
nerla, e perchè infine hanno essi più bisogno di darla che voi di rice-
verla. In ordine all’accettarla, non so se bramate il mio consiglio; e
se lo voleste, non saprei darlo. Quanto a me che non curo e non ho
bisogno di città grandi, e che sono stato sempre vaghissimo e super-
bissimo della mia ingenuità ed indipendenza personale, sceglierei meglio