Sig. ed Amico mio amabilissimo.
La carissima sua ultima, benché in data dei 4, non mi è giunta
prima di ieri. Mi rendo per vinto alle ragioni che Ella adduce
per provarmi che io sono colpevole verso Lei, perchè queste
ragioni e quest’accusa sono così gentili e così lusinghiere, che
il combatterle sarebbe contrario al mio amor proprio. Io poi non
le ho data notizia de’ miei tre dialoghi, perchè una bagattella
stampata per mero saggio in un giornale, non meritava di esserle
annunziata, tanto più che non avrei potuto mandarlene copia.
Ora che quel med. saggio si è ristampato in un altro giornale
a Milano, ed anche a parte in un volumetto,1 ne avrò copie, e
mi farò un dovere e un piacere d’inviarne subito a Lei. La mia
salute continua ad esser tollerabile e nulla più, e creda pure che
in ciò non esagero, e che sono oramai veramente sicuro di non
avere a star bene mai. Questo però non dà niuna pena a me,
e proverei gran dolore se fosse causa di afflizione a Lei. Tanti
mali abbiamo nella vita, che l’avere una salute solamente sop-
portabile è da riputarsi per un vantaggio piuttosto che altrimenti.
Della mia situazione, poiché Ella amorosamente desidera di
esserne informata, le dirò che io vivo qui ben voluto, ed ono-
rato e stimato, assai più che non merito, da questi letterati,
e dagli altri che mi conoscono. Ma io smanio di rivederla, e
voglio sperare che la mia patria avrà ancora il bene di posse-
derla sino al primo entrar dell’autunno, tempo nel quale infal-
libilmente (se la mia salute non diverrà incapace d’ogni cosa)
io mi porrò in viaggio per coteste parti. Del comune amico2 ho
ancor io lettere che mi annunziano il suo ben essere. Ma Ella
di se e della sua salute non mi fa parola. Qui potrei, e forse
dovrei, rimetter mano alle querele, ma mi contenterò per que-
sta volta di condannarla a darmi un minuto ragguaglio di tutto
ciò che le appartiene, la prima volta che Ella mi scriverà. Mille