Stimatissimo e Carissimo Signore.
Che io veda e legga i caratteri del Giordani, che egli scriva
a me, che io possa sperare d’averlo d’ora innanzi a maestro, son
cose che appena posso credere. Nè Ella se ne meraviglierebhe
se sapesse p[er] quanto tempo e con quanto amore io abbia
vagheggiata questa idea, perchè le cose desideratissime paiono
impossibili quando sono presenti. Voglio che a tutto quanto le
scriverò ora e poi Ella presti intiera fede, anche alle piccolis-
sime frasi, perchè tutte, e le lo prometto, verranno dal cuore.
Questo voglio: di tutto l’altro la pregherò. La mia prima let-
tera fu opera più del rispetto che dell’affetto, perchè questo grato
ed onorevole cogli eguali, spesso è ingiurioso co’ superiori. Ora
che Ella con due carissime lettere me ne dà licenza, sia certa che
con tutto l’affetto le parlerò. Del quale Ella ben s’appone che sia
stata causa la sua Eccellenza negli studi amati da me. Di Lei
non mi ha parlato altri che i suoi scritti, perchè qui dove sono
io, non è anima viva che parli di Letterati. Ma io non so come
si possa ammirare le virtù di uno, singolarmente quando sono
grandi ed insigni, senza pigliare affetto alla persona. Quando
leggo Virgilio m’innamoro di lui e quando i grandi viventi, anche
più caldamente. I quali Ella ottimamente dice che sono pochis-
simi, e però tanto più intenso è l’affetto diviso fra tre o quat-
tro solo. Ella che sa quanta sia la rarità e il prezzo di un uomo
grande, non si meraviglierà di quello che scrivo al Monti e al
Mai, nè penserà che io non senta quello che scrivo, nè che volessi
umiliarmi e annientarmi innanzi a loro, se fermamente non cre-
dessi di doverlo fare: e certo in farlo provo quel piacere che
l’uomo naturalmente prova in fare il suo debito. Non so dirle
con quanta necessità, stomacato e scoraggiato dalla mediocrità
che n’assedia, e n’affoga, dopo la Lettura de’ Giornali e d’altri
scrittacci moderni (che i vecchi non leggo, facendomi avvisato