Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/229

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Il traduttore di Giovenale non mi appartiene punto; noi vidi, nè ’l conobbi mai; e parmi che tanto di gusto negli studi come in tutto il resto mi fosse dissomigliante. Era un vecchio gesuita pavese; che morì qualche anno fa. Del mio Panegirico mi dica s’ella ne ha curio- sità, e come glielo potrei spedire. Le sarò gratissimo se, per quanto si può, aiuterà il Cesari nella ristampa del Beicari.2 Ho riso alla saporita descrizione che mi fa della letteratura Picena. Ma il Beicari non è dantesco nel senso che dispia- cerebbe costì! E uno scrittor purissimo, e di umilissima semplicità; come le vite de’ santi Padri, ch’ell’avrà, o della Edizione del Manni, 0 di quella del Cesari; e ch’io la prego di leggere, come la prosa che a me è paruta la più bella e soave d’Italia. L’opera del Cicognara mi pare degnissima e necessaria ad una libreria come la sua. Io non dirò ch’ella debba leggerla ora; ma certo una tale raccolta de’ monumenti perfettissimi d’arte è una gran cosa: e il non poter nulla giudicare o gustare nelle belle Arti sarebbe grande infelicità; e bellissima cosa avere per giudicarne una guida tanto intelligente come il Cicognara. Negli studi credo che principalmente l’uom debba seguire il pro- prio genio. E s’ella più ama la poesia, bene sta! Dante adunque sia sempre nelle sue mani; che a me pare il miglior maestro e de’ poeti e nientemeno de’ prosatori. L’evidenza, la proprietà, l’efficacia di Dante mi paiono uniche. Ella si sente raffreddare e rallentare da Cice- rone: a me per contrario, Cicerone, Tacito, Livio, Demostene, Tuci- dide fanno non minor calore che i più caldi poeti. Ma questo non fa nulla: quel che importa è addomesticarsi solo cogli ottimi in ciascun genere. La prego a volermi liberissimamente e prolissamente dire quanto ha notato ne’ miei opuscoli. Questo è il frutto degli studi, e delle amicizie sincere. Veda come io liberamente le scrivo: son degno ch’ella mi corrisponda. Mi tenga ricordato come servitor devoto al Signor Conte suo padre: e a se stessa non lasci dimenticare che io l’ammiro e la reverisco e l’amo con tutto il mio cuore affettuosissimamente; e sappia ch’ella mi dà la più cara consolazione quando mi dice di volermi bene. Per quanto io l’amo curi la sua salute; e quando senza disagio può, mi scriva; che tanto mi sono soavi le sue lettere, quanto belle, e veramente di felicis- sima e rarissima vena. Signor Contino mio, mi fo forza per finire: ma senza fine sono suo cordialissimamente pietro giordani