comune abbonda di frasi e motti e proverbi pretti toscani sì
fattamente che io mi maraviglio trovando negli Scrittori una
grandissima quantità di questi modi e idiotismi che ho impa-
rati da fanciullo. E non mi fa meno stupore il sentire in bocca
de’ contadini e della plebe minuta parole che noi non usiamo
nel favellare p[er] fuggire l’affettazione stimandole proprie dei
soli Scrittori, come mentovato ingombro recare ragionare ed altre
molte ed alcune anche più singolari di cui non mi sovviene. Que-
sti modi e queste parole, caro Signor mio, con singolare mio
diletto le farò osservare se Ella adempierà la bella speranza che
mi ha data: e sarà questa una delle pochissime o niune cose (mi
perdoni questo barbarismo) che le potrò mostrare in Recanati.
E potrebbe essere benissimo, perchè io non sono uscito mai del
mio nido, che quello che io credo proprio di Recanati, sia comune
a tutta l’Italia o a molte sue parti, ed allora Ella mi disingan-
nerebbe.
Con questa speranza benché lontana, la lascio, Signor mio
Carissimo, e spero che non avrò bisogno di ricordarle che sono,
ma con tutto il cuore
Il suo Attaccatissimo
G.L.
Mi scrive Io Stella che ha ricevuto da Lei un involto p[er]
me.1' Se contiene, come spero, qualche suo scritto, gliene rendo
un milione di grazie, e le prometto che leggendolo subito, farò
conto di trattenermi con Lei presente e parlante, pensiero che
mi sarà soavissimo.
67. |
Ad Antonio Fortunato Stella. |
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Stimatissimo Signore.
Rispondo alle sue preg."* 7 e 21 spirante. Comprendo bene
che il sorprendente numero di Errori scorsi nell’Inno a Net-