Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/294

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infinitamente: purché sopra tutto abbiate cura della salute, che sopra tutto importa. Per amor di dio, ve la raccomando; e temo sempre che non mi ascoltiate a bastanza. Che altri vi tratti tuttavia da ragazzo, non s’accorgendo quale e quanto uomo siate già; e che altrove non si faccia ancora gran romore de’ vostri studi; pigliatelo ridendo. Non mancherà di venir tempo, e non tarderà molto che sarete conosciuto e predicato: nè però sarete più felice che ora; se non quanto saprete da voi stesso godere di voi stesso. Oh crediatemi Giacomino, che il mondaccio è pure una trista vanità. E non vi parlo come bigotto; ma come uomo. M’avete messo in gran voglia di sapere qual sarà la solenne tradu- zione, e qual era il trattato cominciato e poi abbandonato. Oh scrivete- melo. Dell’Epistola malinconica e del Discorso sul poema epico penso lo stessissimo che voi.1 Pudet, pigetque. Ma del Poema vidi sei canti manoscritti; e mi piacquero grandissimamente. Discordo da voi in una cosa sostanziale; nella quale però vedo che con tutta la tenerezza di vostra età siete accortissimo politico: e va bene cogli uominacci: ma io che sono a rovescio del comune, non posso combinarmi colla comune prudenza: con me bisogna esser naturale. Voi dite che prima di amarmi come ora, notaste varie cose ne’ miei articoli sulla Pastorizia, e in altri: come voleste dire che ora amandomi più o non vorreste cercare i miei errori, o non dirli. Ma, caro Giacomino, credete voi che dieci, o venti, o cento errori letterarii mi facciano essere meno galantuomo, o anche meno valente uomo di quello che sono in realtà? E vero che è di molti il voler quasi parere infallibili: e però insegna la prudenza a non farsi accorto de’ loro errori. Ma quello parmi errore goffissimo. Non è l’errare, cioè il pensar male, che disonori; ma il non aver forza di pensare. Io anzi coi soli amici che più amo tengo conto di quelle opinioni loro che non mi persuadono; e le dico loro, e cerco di trovare se più essi o io ci accostiamo al vero, o al verisimile. Però se ora più mi amate, più liberamente dovete dirmi, dove sembravi che dalla somi- glianza del vero le mie opinioni si discostino. Perchè se anche mi diceste che alcun mio pensiero vi paresse privo d’ogni somiglianza al vero; non mi direste già per questo che io sia una bestia, o meno degno del vostro amore. Quante volte l’uomo discorda da se stesso! s’ama egli per- ciò meno, o meno si stima? di qui prese una finissima parola S. Ago- stino nelle Confessioni, per esprimere le amorevolissime dispute cogli amici: Dissentire interdum, velut ipse homo secum. Ditemi dunque, e via disputiamo amichevolissimamente. Oh io sono amicissimo di per-