tato,2 e non essendone in questi paesi nè pur l’odore. E giac-
ché siamo sul farla da temerari, e sul giudicare senza aver letto,
e in somma sul dire spropositi, diciamone un altro. La scoperta
dell’Eusebio3 parve a me pure una gran cosa quando la vidi
annunziata nei giornali. Ma letto il sommario o indice pubbli-
cato dal Mai, non mi parve più quella, parte perchè intorno alla
metà, se mi ricordo bene di quei frammenti di scrittori antichi,
che fanno quasi tutta l’opera, già si avevano, e nella lingua loro,
cioè la greca, onde l’Armeno è quasi inutile; parte perchè tutto
il metodo e il complesso del primo libro ch’è il nuovo, mi par
tale da non poter giovare più che tanto. Crederei più notabile
il Canone, s’è vero che differisca non poco dal Geronimiano.
Mi rallegro che Milano v’invischi. Segno che non siete un uccello
tanto salvatico. Mando questa a Vicenza, come mi dite, ma scom-
metto che se la mandassi a Piacenza, vi troverebbe più presto,
perchè vedo che quanto prima dite di muovervi, tanto più tardi
vi movete, se bene Piacenza non è così appiccaticcia come
Milano. Siamo alla fine di Maggio, e fra Luglio e questo c’è
solamente un mese. Che? non verrete più in Luglio? Ilo paura
che non tocchi a me a pagar la spesa delle vostre tardanze, e
a proporzione che guadagna la Lombardia, perda la Marca. Per
Dio non fate che sia vero, chè non è giusto. Anzi vorrei che
quando sarete qui vi crescesse la poltroneria. State sano e voglia-
temi bene e viaggiate allegramente. Addio. Addio.
Mio Carissimo. Non volete ch’io esca di casa per voi e per
una dama, e questa raccomandata da voi e parente vostra? Io
poi n’anderei sul fuoco, non che n’uscissi di casa, massime stando
in questa così volentieri come sapete. Ho domandato dell’erba
sulla, ho domandato del lubaco, ho domandato della lupinella,
che da molti è confusa colla vostra erba, come dice anche il Cav.