Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/405

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del caso) era scritta appostatamele per ringraziarvi del vostro dolcissimo discorso giuntomi da Bologna con lettera del Bri- ghenti, giacché le poste non fanno oltraggio fuor ch’ai dispacci che vanno di qua, non a quelli che vengono; del che le ringra- zierei di cuore, non avendomi sperduto nessuna delle lettere vostre, se col nascondervi le mie risposte non mi mettessero in pericolo di parere ingrato. Della noterella che mi mandate vi rendo quelle più vive grazie ch’io so, e p[er] ubbidirvi spedirò le mie canzoni, se non a tutti, almeno a qualcuno di quelli che mi segnate, e massime a coloro che mi raccomandate più spe- cialmente; ma sarà inutile, perchè, o mio carissimo, non basta ch’io viva nella più stupida città e provincia d’italia; bisogna pfer] soprappiù che questa sia la sola città e provincia d’italia, anzi d’europa, che non possa aver commercio col resto del mondo. A Bologna mandai le mie canzoni, secondo che mi scri- vevate, allo Strocchi e allo Schiassi con lettere: non m’hanno risposto. All’Angelelli: mi risponde mezzo mese dopo che ha ricevuto la lettera ma non le Canzoni. A Lodi al Montani, dicen- dogli che voi me l’ingiungevate (poiché mi scriveste di dirglielo): non ho risposta. A Vicenza al Trissino senza prò. A Milano al Rosmini, e al Reina con lettere come a tutti gli altri. Nessuno mi risponde, benché mi risponda il Mai,2 ch’ebbe anche le can- zoni alquanto ritardate, e pure gliele spedii per lo stesso ordi- nario che agli altri due. A Brescia all’Arici: mi risponde che le Canzoni mancano. E perch’io credo che da un giorno all’altro vi debba arrivare un pieghetto con sei copie dei miei versi, e una in carta fina, speditovi tempo fa con una buona occasione, perciò vi prego che ricevendole, troviate mezzo di farne avere una all’Arici. In somma quei poveri versi non sono arrivati, oltre al Mai, se non al Monti, al Grassi che mi risponde con tutta gentilezza, e al Niccolini che mi risponde umanamente, ma in quel modo ch’io credo che scriverebbe il mio fratellino piccolo, e però vorrei che mi diceste se Giambattista Niccolini fioren- tino che pubblicò uno o due anni addietro la versione dei Sette a Tebe d’Eschilo, sia quel Segretario dell’Accademia di belle arti di Firenze, giacché temo forte d’essermi sbagliato, mentre