Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/431

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vuole negli altri casi, non isdegni d’adoperarla con me, che sono e desidero ch’Ella mi conosca e mi tenga per suo

Drào Obblmo Sre
Giacomo Leopardi
227. A Giuseppe Montani.
Recanati 21 Maggio 1819

Stimatiss. sig. Prof. Benché la sua leggiadrissima dei 5 non sia di quelle che domandano risposta onninamente, a ogni modo avendo trovato uno scrittore così gentile e amatore così fervido di questa povera terra, non mi so dar pace s’io non m’adopro quanto più posso per confermarmi la sua benevolenza. Quando bene io fossi stato di ghiaccio verso la patria, le parole di V. S. m’avrebbero infiam- mato: nè certamente io presumo di potere altro che pochissimo: tuttavia non lascerò che si desideri niente di quello ch’io possa, nè mancherò all’esortazioni di V. S. Secondo me non è cosa che l’Italia possa sperare finattanto ch’ella non abbia libri adattati al tempo, letti ed intesi dal comune de’ lettori, e che corrano dall’un capo all’altro di lei; cosa tanto frequente fra gli stra- nieri quanto inaudita in Italia. E mi pare che l’esempio recen- tissimo delle altre nazioni ci mostri chiaro quanto possano in questo secolo i libri veramente nazionali a destare gli spiriti addormentati di un popolo e produrre grandi avvenimenti. Ma per corona de’ nostri mali, dal seicento in poi s’è levato un muro fra i letterati ed il popolo che sempre più s’alza, ed è cosa sco- nosciuta appresso le altre nazioni. E mentre amiamo tanto i clas- sici non vogliamo vedere che tutti i classici greci tutti i classici latini tutti gl’italiani antichi hanno scritto pel tempo loro, e secondo i bisogni i desideri i costumi e sopra tutto, il sapere e l’intelligenza de’ loro compatriotti e contemporanei. E com’essi non sarebbero stati classici facendo altrimenti, così nè anche noi saremo tali mai, se non gl’imiteremo in questo ch’è sostan-