Mi arriva regolarmente la tua de’ 22 del passato, ma l’altra
dei 10 andò perduta. Questa è la prima, non solo tua, ma di
qualunque altro, che venendo a me, sia rimasta p[er] via: fin
qui la maledizione era sempre stata solamente p[er] le lettere
che partivano di qua. Carlo ora, ed io già prima che ti scrivesse,
era persuasissimo che quello ch’egli cercava fosse impossibile
a conseguire, massimamente nella sua condizione. Ma tu mi dici
d’esser molto infelice. Oh non vorrai tu raccontarmi le tue sven-
ture se sono nuove, e ricordarmele se sono antiche? Vedi che
non ci resta altro che la comunione de’ nostri mali. Rinfrescando
la stagione ho ripigliato alquanto vigore, ma l’imbecillità degli
occhi, e però la miseria della mia vita è sempre la stessa e mag-
giore. Nella mia de’ 20 d’Agosto ti raccontava la risoluzione
che avea fatta d’abbandonarmi alla fortuna, fuggendo di qua;
e cominciatala ad eseguire; e come nel venirmi il passaporto da
Macerata, fui scoperto; e non essendo piaciuto a Dio che usas-
sero la forza, le preghiere e il dolore mi legarono al mio pati-
bolo irresolubilmente.
Il Trissino scrivendomi sui principii del passato, si lagnava
che non avea notizia di te da poi ch’eri partito p[er] Milano.
Scrivigli se non l’hai fatto: io vedo, e tu sai che lo merita. Segui
tiamo ad amarci, e tu vivi meno infelice che puoi. Ti salutano
Carlo e Paolina. Scrivimi quello che ti molesta, dammi nuove
della salute, e proccuriamo di piangere insieme1 giacché la for-
tuna tanto nemica in ogni altra cosa ci ha favoriti oltre all’ordi-
nario in questo, che avessimo dove riporre sicuramente il nostro
amore.
Cominciai questa presente il giorno che sta nella data, ma
per una malattia degli occhi sopravvenuta alla solita debolezza,
non l’ho potuta finire se non oggi che siamo ai 22.