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A Gl ANN ANTONIO ROVERELLA. |
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Recanati 8 Dicembre 1820. |
V. S. seguita a consolarmi e onorarmi dandomi nuovi segni
della sua benevolenza. Le ho somma obbligazione della trage-
dia di cotesto Cav. Fabbri, notabilissima per la maestà di sen-
timenti, e la virilità della verseggiatura e dello stile. Ma io non
ho la buona fortuna di conoscere il Cav. Fabbri di veduta. Quegli
che lo vide giuocando, fu l’uno de’ miei fratelli, e mi parlò di
lui. Avrò ben caro che V.S. si compiaccia di riverire a nome
mio cotesto Signore, e pregarlo che m’abbia nel numero de’ suoi.
Ella, a quanto mi scrive, se la passa leggendo e studiando.
E che altro ci può consolare della indegnità della fortuna, e della
perversità di questi scellerati secoli? Manco male se almeno i
libri e gli studi nostri ci restassero intatti e sicuri.
Al grazioso invito di dare una corsa in coteste parti, rispon-
derò solamente ch’io lo desidero; e V. S. concluda che mi manca
il potere. Perchè da quand’io nacqui, non ho mai conseguito
nessun desiderio, e desiderare e non potere è stata sempre la
cosa stessa nella mia vita. Ma spero che V.S. mi vorrà soddi-
sfare nel desiderio che ho di servirla, e non rivocherà il dono
che m’ha fatto dell’amor suo.
Piacenza 24. decembre [1820] |
Mio carissimo. La tua ultima (e breve) fu dei 20. ottobre; alla quale
risposi il 5. novembre. T’ho mandato poi de’ saluti per Brighenti. Forse
quella mia andò perduta? S’è perduta alcun’altra tua? Perchè non mi
pare possibile che sii stato due mesi senza scrivermi.1 Tento d’inter-
rompere con poche righe questo lungo e crudele silenzio. Che vale che
il cuor parli sempre, se le sue voci e i sospiri vanno dispersi dalla mali-