Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/691

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nè alla maraviglia, nè al piacere, nè alla speranza, nè a veruna cosa lieta. Sappi, Carlo mio, che durante il viaggio ho sofferto il soffribile, come accade a chi viaggia a spese d’altri, e di tale1 che cerca per ogni verso e vuole i suoi più squisiti comodi, sieno o non sieno compatibili cogli altrui. Ma ciò non ostante, per tutto il viaggio ho goduto, e goduto assai, non d’altro che dello stesso soffrire, e della noncuranza di me, e del prendere ogni momento novissime e disparatissime abitudini. E mi restava pure quel filo di speranza, del quale io sono capace, che senza infiam- mare nè anche dilettare, pur basta a sostenere in vita. Ma giunto ch’io sono, e veduto quest’orrendo disordine, confusione, nul- lità, minutezza insopportabile e trascuratezza indicibile, e le altre spaventevoli qualità che regnano in questa casa; e trovatomi intieramente solo e nudo in mezzo ai miei parenti (benché nulla mi manchi), ti giuro, Carlo mio, che la pazienza e la fiducia in me stesso, le quali per lunghissima esperienza m’erano sembrate insuperabili e inesauribili, non solamente sono state vinte, ma distrutte. Come inespertissimo delle strade, io non posso uscir di casa, nè recarmi in alcun luogo, nè restarvi, senza la compa- gnia di qualcuno della famiglia; e conseguentemente, per quanta forza io voglia fare in contrario, sono affatto obbligato a far la vita di casa Alitici; quella vita, la quale noi due, ragionando insieme, non sapevamo qual fosse, nè in che consistesse, nè come potesse reggersi, nè se fosse vita in alcun modo. Ieri fui da Can- cellieri, il qual è un coglione, un fiume di ciarle, il più noioso e disperante uomo della terra; parla di cose assurdamente fri- vole col massimo interesse, di cose somme colla maggior fred- dezza possibile; ti affoga di complimenti e di lodi altissime, e ti fa gli uni e l’altre in modo cosi gelato e con tale indifferenza, che a sentirlo, pare che Tesser uomo straordinario sia la cosa più ordinaria del mondo. In somma io sono in braccio di tale e tanta malinconia, che di nuovo non ho altro piacere se non il sonno: e questa malinconia, e l’essere sempre esposto al di fuori, tutto al contrario della mia antichissima abitudine, m’ab- batte, ed estingue tutte le mie facoltà in modo ch’io non sono più buono da niente, non ispero più nulla, voglio parlare e non