Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/714

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ciarsi. Una delle rabbie di cui è composta la mia giornata, è questa. A cosa si riduce il conforto dell’aver commercio per iscritto? a ben poco quando non può correr meno di otto giorni fra una parola mia e la vostra, e non meno di undici fra l’ultima vostra passata e la prima ventura. Il diavolo si porti chi ci ha pazienza. Per me, t’assicuro che ne sono al fine, e con tutte le belle cose che tu mi dici per provarmi che si sta meglio a Recanati che a Roma, bisogna che ti dica che per il bene che ti voglio, ti auguro di non fare il cambio. Io non so con- traddire in dettaglio a tutti i ragionamenti che tu mi fai, ma in massa, mi pare che abbi torto, e grande. In conclusione si è sempre detto che le città grandi non son fatte per l’uomo di sentimento, ma nemmeno le città piccole, e nemmeno il mondo - le pays des chimères est en ce monde le seul digne d’étre habité.1 - Sicché chi prova troppo non prova un cazzo. Cosa credi di dirmi quando mi assicuri che dacché dimori in Roma non hai provato un piacere? bisognerebbe che mi dice- sti ancora che non hai un momento della vita che non sia dispiace- vole, il che spero che non sia assolutamente, e quaggiù è. Per l’uomo considerato come essere pensante, scrivente, creatore in qualunque genere, una città grande è buona almeno come ogni altro luogo, per- chè egli vi si isola, e al bisogno trova intorno a se un magazzino di materiali più esteso: per l’uomo come son quasi tutti, e spessissimo per disperazione anche l’uomo di genio, già si sa che il fine grande ed ultimo, il problema della vita è di passare il tempo. Possibile che questo s’abbia da ottener meglio qui che a Roma? E chi impedisce lassù d’involgersi nel suo tabarro, e star le ore in un cantone come fac- cio io? In somma per quanto in una gran città possa esser vuoto il vivere, sempre però si da il caso che vi s’incontri o un uomo dotto o una cosa degna di vedersi o una puttana bella, come tu stesso mi ac- cenni: sicché voglio anche accordarti che l’insulso e il frivolo non siano in Roma un’eccezione, anzi che l’eccezione sia qualunque oggetto aggra- devole o stimabile; pure vi è la speranza di trovarne, e questa speran- za è molto anzi è tutto. Se vi parlo con un poco di umore, non dovete credere che questo venga dal mio cattivo stare, ma perchè non posso persuadermi, e non voglio in alcun modo sentire che il vostro sia simile al mio: che se ciò fosse vero, Signorino, parleressimo in altra maniera. Riceverete in quest’ordinario delle lagnanze perchè nell’ultimo corso non furon viste vostre lettere, di che voi capirete la ragione. Difende- tevi alla meglio, se sosterrete di aver scritto faremo passare la vostra lettera per perduta: in un’altra occasione bisognerà far diversamente.