Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/754

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simo, che sempre sarà troppo tarda ai miei voti; e se mi si assicurasse di morire domani, forse dalla consolazione non ci arriverei. Voi dite, che l’allegria e la malinconia sono frutti d’ogni paese; per la malinco- nia crederò che possa essere frutto di Roma, ma l’allegria di Recanati, credo che sbagliate. E poi il paese dove abito io è casa Leopardi; e voi sapete meglio di me come vi si vive. In somma io sono disperata; ed alla fine essendo certa di dover vivere sempre miseramente, ter- mino sicuramente col farmi monaca, e potessi farlo adesso, in questo momento in cui piango, e mi dispero!1 Voi mi domanderete forse cosa mi è avvenuto di nuovo, niente, Giacomuccio mio, ma ogni giorno, che passa accresce la mia infelicità. Ma adesso che vi rifletto, non so perchè venga a tormentarvi con queste ciarle, ora che vi godete la vra pace, e vi ridete di tutte le nre miserie: scusate, caro Giacomo mio; io sono amareggiata talmente, e così intimamente desolata, che senza accorgermi ho preso a parlare di me, non ricordandomi, che questa è la cosa, pegli altri, più noiosa, che si possa dare. Non così però è per me quando mi parlate di voi, anzi vi prego a farlo sempre, pren- dendo io moltissima parte nei vri affari; come prendo molto dolore ai vri geloni, che dal vro silenzio nell'ultima a Carlo, argomentiamo che stiano meglio. Non dimenticate però di parlarcene, e se avete usato di quell’unguento che vi hanno mandato ec. Mi fate strabiliare colle lodi, che date alle mie lettere; in verità, che fino ad ora, ho creduto che valessero niente, e quasi mi vergogna- vo di scrivere a voi, come al primo intelligente a cui le abbia indriz- zate, temendo, che scopriste l’inganno di quelli che le lodavano; adesso però sospetto, che voi pecchiate un poco di adulazione, come peccate certo di bugia nel dire, che non sapete rispondermi con galanteria ec. Benché questo sia assolutamente falso, è certo però che io non ne esigo, e mi basta solo che mi diciate di volermi bene, anche in termini trivia- lissimi, che io mi contento; ma voglio positivamente, che me lo diciate. Non vi perdono più le scuse, che mi fate sopra le mie commissioni; se non volete farmi pentire di avervele date, non me le rinnovate più. Esse sono di così poca importanza, che quasi non giustificano l’incom- modo, che vi prenderete per esaurirle. Abbiamo tutti compianta la morte del povero Quercia,2 ed io più degli altri, che secondo il mio fare gli volevo bene. E quel pensiero di non doverlo rivedere più, io che lo vidi montare in legno, e salutarci partendo, e ridendo, mi tor- menta un poco. Voi però non ci penserete più, e succederà in Roma, ciò che diceva Mad. de Sévigne succedere in Parigi rapporto alle grandi nuove o morti, che era un torrente che trascinava tutto, e l’ammira-