Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/757

Da Wikisource.

ria che conserva di mè. È persona onestissima, che non si esterna molto ma si solleva alcun poco dalla Plebe de’ Prelati. Esce fuori dalle mie cartucce la acclusa pagella che esprime un cre- dito di L 8. ma che non si venderà più di un zecchino all’incirca. Anzi che bruciarla Melchiorri forse troverà a venderla, e convertirete il zec- chino in confetti nel giorno di Carnevale. Vedendo Sorini ditegli che ho riconosciuto il suo credito sussistente, ma ha fatto male tacendone fin qui. Ora mancano gli assegni, e le appro- vazioni, e si andrà un po’ alla lunga, ma in ultimo sarà pagato. Addio, mio caro Figlio. Noi grazie al S.rc stiamo bene. Tutti vi sa- lutano. Qui corre voce che il Cav.' Marini diventi Prelato e Seg[reta]- rio del B[uo]n Gov[er]no. Così che stia molto male D. Luigi Santa Croce. Ditemene una parola. Vi abbraccio, e vi benedico di cuore. Vro affino Padre.

503. Ad Adelaide Antici Leopardi.
[Roma, 22. 1823.]

Cara Mamma Io mi ricordo ch’Ella quasi mi proibì di scriverle, ma intanto non vorrei che pian piano, Ella si scordasse di me. Per questo timore rompo la sua proibizione e le scrivo, ma brevemente, dandole i saluti del Zio Carlo e del Zio Momo, Sono in piedi oggi per la prima volta dopo otto giorni intieri di letto, e la mia piccola piaga è ben chiusa. Se non si riapre, che spero di no, son guarito. S’Ella non mi vuol rispondere di sua mano, basterà che lo faccia fare, e mi faccia dar le sue nuove, ma in partico- lare, perchè le ho avute sempre in genere. La prego a salutare cor- dialmente da mia parte il Papà e i fratelli; e se vuol salutare anche D. Vincenzo, faccia Ella. Ma soprattutto la prego a volermi bene, com’è obbligata in coscienza, tanto più ch’alia fine io sono un buon ragazzo, e le voglio quel bene ch’Ella sa o dovrebbe sapere. Le bacio la mano, il che non potrei fare in Recanati. E con tutto il cuore mi protesto

Suo figlio d’oro
Giacomo-alias-Mucciaccio.

22. 1823.