Caro amico. Fatta e suggellata l’acclusa,' mio padre che ora
è qui Gonfaloniere, mi dà la polizzina che parimente vi accludo,
e mi dice che vi preghi di volergli proccurare quello che ivi si
espone. Io dubito che voi siate al caso di prendere questo inca-
rico. Ma, posto di nc, mi fareste ben piacere indicandomi a chi
tornasse meglio diriggersi in cotesta città per lo stesso effetto.
Addio, addio.
Firenze. 5. Novembre [1823] |
Dopo lungo silenzio è ben tempo che io ti scriva, mio adorato Gia-
comino. Ti risposi da Piacenza in Agosto1 prima di partire per que-
sto giro di Liguria e di Toscana; del quale tornato alla mia solitudine
in decembre ti parlerò più lungamente. Frattanto ti accenno che le
amenità de’ luoghi, e le molte cortesie di brave persone, m’han dato
qualche sollievo e della malattia, e delle tristezze. Ma tu, Giacomino
adorato, come stai? che fai? Come stanno Paolina, e Carlino? Abbrac-
ciali per me carissimamente; e pregali a non mi dimenticare del tutto.
L’oggetto mio principale di scriverti da questa beata Firenze (dalla
quale non saprei mai risolvermi di partire) è per parlarti di uno de’
più bravi e cari uomini che io abbia conosciuti, stabilito da cinque
anni in questa città, alla quale ha già fatto un gran bene, e più ancora
ne farà; e non solo a Firenze, ma veramente all’Italia: che non avrebbe
un buon Giornale, se il signor Giampietro Vieusseux non le avesse
data l’Antologia. Io voglio dunque che tu, sulla mia parola, dii la tua
amicizia a questo Signore; che io (e sai che non son facile a conten-
tare) metto tra i migliori e più preziosi e rari. Egli metterà qui due
righe per te;2 e tu gli risponderai. Egli sa che è un tesoro la tua per-
sona e la tua amicizia; ma tu devi credere altrettanto di lui. Egli potrà
(e vorrà) procurare molte agevolezze di mezzi a’ tuoi studi: e io vorrei