Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/918

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attendere alla stampa delle mie Canzoni. Voi non dovete dar- vene il menomo pensiero, eccetto se e come le vostre occupa- zioni ve lo permetteranno. Bensì vi sono tenuto che le abbiate guardate presso di voi senza mostrarle a veruno, come mi dite, e così vi prego istantemente a seguitare. In caso che, quando che sia, abbiate spazio di dare effetto a quello che siamo con- venuti circa la stampa, avvertitemi per la spedizione del danaro, che io vi manderò ad un vostro avviso. Se non si potrà supe- rare la difficoltà che mi proponete sopra Io spedirmi i fogli per la correzione, bisognerà contentarsi di quanto sarà fatto costì, fidandomi che voi non ricuserete di farne avere la maggior cura possibile, e farla eseguire secondo le avvertenze che già vi scrissi. Torno a dire che desidero aver nuove del vostro stato, al quale vi prego a credere ch’io prendo tanta parte quanto si conviene a una fervida e sincera amicizia, ed alla natura del mio cuore, ch’è il mio solo pregio. Amatemi, caro amico, che io v’amo, e darei volentieri la mia felicità (se l’avessi, e se alcun uomo potesse averla) per proccurare la vostra. Addio, addio, v’abbraccio. il vostro Leopardi

618. A Giuseppe Melchiorri.
Recanati 5 Marzo 1824.

Caro Peppino. Non avete avuto il torto promettendo per me, perchè avete dovuto credere che io fossi come sono tutti gli altri che fanno versi. Ma sappiate che in questa e in ogni altra cosa io sono molto dissimile e molto inferiore a tutti. E quanto ai versi, l’intendere la mia natura vi potrà servire da ora innanzi per qualunque simile occasione. Io non ho scritto in mia vita se non pochissime e brevi poesie. Nello scriverle non ho mai seguito altro che un’ispirazione (o frenesia), sopraggiungendo la quale, in due minuti io formava il disegno e la distribuzione di tutto il componimento. Fatto questo, soglio sempre aspet- tare che mi torni un altro momento di vena, e tornandomi (che