attendere alla stampa delle mie Canzoni. Voi non dovete dar-
vene il menomo pensiero, eccetto se e come le vostre occupa-
zioni ve lo permetteranno. Bensì vi sono tenuto che le abbiate
guardate presso di voi senza mostrarle a veruno, come mi dite,
e così vi prego istantemente a seguitare. In caso che, quando
che sia, abbiate spazio di dare effetto a quello che siamo con-
venuti circa la stampa, avvertitemi per la spedizione del danaro,
che io vi manderò ad un vostro avviso. Se non si potrà supe-
rare la difficoltà che mi proponete sopra Io spedirmi i fogli per
la correzione, bisognerà contentarsi di quanto sarà fatto costì,
fidandomi che voi non ricuserete di farne avere la maggior cura
possibile, e farla eseguire secondo le avvertenze che già vi scrissi.
Torno a dire che desidero aver nuove del vostro stato, al quale
vi prego a credere ch’io prendo tanta parte quanto si conviene
a una fervida e sincera amicizia, ed alla natura del mio cuore,
ch’è il mio solo pregio. Amatemi, caro amico, che io v’amo, e
darei volentieri la mia felicità (se l’avessi, e se alcun uomo potesse
averla) per proccurare la vostra. Addio, addio, v’abbraccio.
il vostro Leopardi
618. |
A Giuseppe Melchiorri. |
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Caro Peppino. Non avete avuto il torto promettendo per me,
perchè avete dovuto credere che io fossi come sono tutti gli altri
che fanno versi. Ma sappiate che in questa e in ogni altra cosa
io sono molto dissimile e molto inferiore a tutti. E quanto ai
versi, l’intendere la mia natura vi potrà servire da ora innanzi
per qualunque simile occasione. Io non ho scritto in mia vita
se non pochissime e brevi poesie. Nello scriverle non ho mai
seguito altro che un’ispirazione (o frenesia), sopraggiungendo
la quale, in due minuti io formava il disegno e la distribuzione
di tutto il componimento. Fatto questo, soglio sempre aspet-
tare che mi torni un altro momento di vena, e tornandomi (che