1123. |
A Francesco Puccinotti. |
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Caro Puccinotti
Sono qui da circa due mesi, e qui da Bologna ricevo la tua
carissima de’ 29 di Luglio. Tu mi hai a perdonare il mio lungo
silenzio, perch’io pochissimo posso scrivere, travagliato come
sono da un’estrema debolezza (o comunque io la debba chia-
mare) de’ nervi degli occhi e della testa, la quale mi obbliga ad
un ozio più tristo assai della morte. Certo è che un morto passa
la sua giornata meglio di me. Crederai che non ho ancora rice-
vute le copie delle mie Operette speditemi da Milano? tanto bene
io sono servito. La traduzioncella del Pletone fu stampata anche
nel Raccoglitore, il quale dovrebbe esser costì. Tu non mi dici
nulla degli studi tuoi. Pensi tu alla tua opera fisiologica sui tem-
peramenti? io ti esorto e ti prego a pensarci, perchè ho per fermo
che sarà un’opera degna dell’Italia, utile al mondo. Caro Pucci-
notti, io ti voglio pur bene; avrei pur caro di vederti qui meco.
Sono stanco della vita, stanco della indifferenza filosofica, ch’è
11 solo rimedio de’ mali e della noia, ma che infine annoia essa
medesima. Non ho altri disegni, altre speranze che di morire.
Veramente non metteva conto il pigliarsi tante fatiche per que-
sto fine. Starò qui fino a mezzo ottobre; poi sono incerto se
andrò a Pisa o se a Roma. Ma se mi sentirò male assai, verrò
a Recanati, volendo morire in mezzo ai miei. Voglimi bene e
conservami nella tua memoria.
Il tuo Leopardi
1124. |
Di Carlo e Paolina Leopardi. |
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[Recanatil 16 Agosto. 1827. |
Buccio mio. Ti ricorderai forse di quel progetto che Zio Carlo scrisse
a Babbo prima che tu partissi di qua, relativamente alla Prepositura