1516. |
Di Antonio Fortunato Stella. |
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Mio signore ed amico amatissimo
Una lunga villeggiatura, una vecchiaia che si fa più che alquanto
sentire, sconfortata in quest’anno da un terribile freddo, che ben m’im-
magino quanto a Lei pure sarà molesto, m’impedirono finora di scri-
vere, e me lo impedirebbero tuttavia, se non mi premesse di comuni-
carle due cose, e se non avessi nel mio Giacomino un abile scrittore
a cui posso dettare la presente.
La prima di queste due cose è che la mia figlia Marietta si farà la
sposa nel presente carnovale, e verso Pasqua, piacendo al Cielo,
andando col marito a Roma, il quale sarà il sig.r Andrea Ubicini uno
de’ miei due soci gerenti, passando ella per Recanati si farà un dovere
di visitare il sig. Conte Giacomo Leopardi di cui ha cotanta stima.
In quell’occasione Ella, amico mio, potrà parlare col detto Ubicini e
intendersela con lui relativamente ai libri che le mancassero, colla cer-
tezza che sarà riparato agli errori che per lo passato fossero corsi.
La seconda cosa riguarda la delicata domanda ch’Ella nella lettera
26 Agosto si compiace di farmi in riguardo alla sua traduzione del-
YEpitteto. Non avendo potuto aver luogo la raccolta dei moralisti Greci,
ed essendo probabile che abbia luogo in Venezia per cura di quel Sig.
Bartolomeo Gamba, una raccolta più grande, cioè di Moralisti d’ogni
nazione (misuratamente però), ora io pure domando a lei se sarebbe
contenta che ne formasse parte il medesimo Epitteto. Se tal raccolta
non avesse effetto, o col mezzo di Lei, o col semplice mio, l’Epitteto
vedrà la luce certamente nel corrente anno.1
Mentre colla sua risposta starò attendendo anche le nuove, che se
saran buone mi sarà di gran diletto, io la saluto di tutto cuore per parte
ancora di tutti i miei che non men di me l’amano sinceramente.
Il suo vecch. cord.0 amico
Ant. Fort. Stella