Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/612

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1682. Di Antonietta Tommasini.
Parma adì 16. Novembre 1831

Caro Leopardi Mio marito viene alla volta di Roma chiamatovi dal Duca Sforza infermo di cronica malattia. Desidero che vi sia tanto margine che possa intraprendere un metodo di cura: ma purtroppo l’esperienza mi dimo- stra che sarà tarda questa chiamata; imperocché vengono consultati i medici quando gli infermi sono per cessare di vivere. Basta in ogni modo mi gode l’animo che Giacomino vi potrà abbracciare, ed assicu- rare in voce quanto amore, ed amicizia vi abbiamo, e riceverà le vostre notizie da testimonio di veduta: e così potrò essere certa dello stato della vostra salute, e dell’animo vostro. Avrete a quest’ora ricevuto una mia, nella quale vi parlava degli associati. Speditemi, come vi dissi, buon numero di esemplari, ed io farò sì che siano tutti venduti. Mio marito vi dirà quanto io sia mal governata dai miei nervi, i quali mi tolgono il meglio che si gode in questo mondo cioè il sonno in cui si affoga nostro affanno. Questa mia disgrazia fa sì che io senta mag- giormente le iniquità di questi tempi. Oh mio amico! non mi negate una grazia che sono per domandarvi: io provo un conforto quantunque volte ricevo i vostri caratteri; quindi scrivetemi spesso, e parlatemi de’ monumenti di cotesta Roma, la quale rinchiude tanti tesori in fatto di antichità: e ditemi pure delle vostre oc- cupazioni. In somma desidero di trattenermi con voi, come se io vi avessi presente. Addio, vogliatemi bene, come io non cesserò di essere Vostra aff.m“ Amica Antonietta Tommasini Giordani aggradì molto i vostri saluti, e ve li ricambia cordialissimi.

1683. A Gian Pietro Vieusseux.
Roma, 21 novembre 1831.

Mio caro e buon Viesseux [sic] Leopardi preso d’un reuma di petto, è da una settimana a letto, e non può scrivere, nè poteva anche prima, perchè già