Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/622

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gentilezza e di godere la vostra compagnia. Vi ringrazio dun- que io dell’onore fatto alla mia raccomandazione. La Lenzoni Iè ora in Firenze, sufficentemente bene di salute, e vi fa molti complimenti. Non ho veduto quest’anno Rosini, venuto a Firenze dopo la mia partenza. Egli aveva fatto recitare a Pisa una sua Commedia, il Torquato Tasso, con grande applauso, a quel ch’egli dice. Del resto, egli lavora sempre nel suo nuovo romanzo Luisa Strozzi. E gran tempo ch’io non ho veduto M. Mourawieff. Egli partì di Firenze con la sua famiglia per andare a prendere i bagni di mare a Viareggio, nè credo che fosse ritor- nato quand’io partii. Io non potrò mai ringraziarvi abbastanza, mio carissimo ed eccellente amico, di tante e tante pene che voi vi siete date per far conoscere in questi infelici tempi le mie povere cose. Sarebbe impossibile trovar persona così zelante della mia riputazione, come la vostra cordialità vi fa essere. Voi avete ragione quanto alla negligenza del Piatti: questa è così estrema, che non solo a Parigi, ma a Siena, 13 leghe da Firenze, egli non ha mandato ancora un esemplare de’ miei Canti; avendo in quella città più di 60 associati. Credo che sia scherzo ciò che voi mi dite del testamento che avete intenzione di fare in caso che il Cholcra invada la Francia: in ogni modo i miei manoscritti a me sareb- bero inutili, non potendo io applicare più che per lo passato; e voi, se voleste morire, dovreste farne un legato a qualche vostro amico dotto ed intelligente, che ne disponesse come credesse I meglio. Voi aspettate forse ch’io vi dica qualche cosa della filologia romana. Ma la mia salute qui è stata finora così cattiva, ch’io non posso darvi alcuna soddisfacente notizia a questo riguardo, essendo obbligato a tenermi quasi sempre in casa. È ben vero che spesso mi trovo onorato di visite letterarie, ma queste non sono punto filologiche, e in generale si può dire che se qui si conosce un poco più di latino che nell’alta Italia, il greco è quasi sconosciuto, e la filologia quasi interamente abbandonata in gra- zia dell’archeologia. La quale come felicemente possa essere col-