1095. |
A Monaldo Leopardi. |
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Carissimo Sig. Padre
Partii da Bologna ai 20, e il giorno seguente, la mattina, arrivai
a Firenze, dopo un viaggio ottimo. Non so quanto mi trat-
terrò. Il non potere uscir di casa di giorno, per la flussion d’oc-
chi che mi molesta costantemente, mi dà molta malinconia, e
m’impedisce di conoscere la città; nella quale veramente non
godo nulla. Sono obbligato a rifiutare tutti gl’inviti che mi ven-
gono fatti, e la gran festa fiorentina di domani (giorno di S.
G. Battista) sarà per me un giorno feriato. Gli altri avranno
corse di bighe, corse di barbari dei primi d’Italia, fuochi artifi-
ziali che costano non so quante migliaia, ec. Faccia, la prego,
i miei saluti più teneri alla Mamma e ai fratelli. Sono impaziente
di sentire che la Mamma sia perfettamente guarita del piede.
Le bacio la mano con tutta l’anima, e le chiedo la benedizione.
Il suo amorosissimo figlio. Giacomo |
1096. |
Di Pietro Brighenti. |
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Bol[ogn]a 25. giugno 1827. |
Mio amoroso Giacomo.
Quanto mi affligge l’aver inteso dalla cara tua del 23. che il tuo
mal d’occhi continua! E secondo quello che tu mi dicevi, io sperava
che si fosse diminuito. Avendo ieri veduto a caso il Prof. Orioli e seco
parlato del tuo incomodo mi disse essere persuaso che troverai Firenze
ugualmente minore della aspettazione sia quanto al poterti giovare alla
malattia degli occhi, e sia quanto a tutto il rimanente: perchè relativa-
mente agli occhi mi aggiunse che l’aria di Firenze essendo umida, e
spesso mossa da un venticello fresco, essa era veleno agli occhi inde-
boliti. Se ciò fosse, mio caro, ti prego a ritornartene al più presto, anche