60de la bianca Latona in terra scese:
ed al superbo Laomedonte alzavi4
tu dell’ampio Ilión le sacre mura;
mentre ne’ boschi opachi e ne le valli
de l’Ida nuvolosa i neri armenti 65Febo Apollo pascea: ma Laomedonte,
compíta l’opra tua, la pattuita
mercede ti negò: stolto, ché l’onde5
biancheggianti del pelago spingesti
contr’Ilio tu, che sormontâr le mura 70con gran frastuono mormorando, e tutta
empiêro la cittá di sabbia e limo
co’ prati e le campagne. E tal prendesti
del fier Laomedonte aspra vendetta.
Ma qual cagione a tenzonar ti mosse 75con Palla diva occhi-cilestra? Atene,
la cecropia cittá, poi ch’appellata
tu la volevi dal tuo nome, e Palla
il suo darle voleva. Ella ti vinse:
ché con la lancia poderosa il suolo 80percosse, e uscir ne fe’ virente olivo
di rami sparsi. Ma tu pur fiedesti
la diva terra col tridente d’oro,
e tosto fuor n’uscí destrier ch’avea6
florido il crine: onde a te diêro i fati7 85i cavalli domar veloci al corso.
I pastori ama Pan, gli arcieri Febo,
cari a Vulcano sono i fabbri, a Marte
gli eroi gagliardi in guerra, i cacciatori
a la vergine Cinzia. A te son grati 90i domatori de’ cavalli; e primo
tu, de la terra scotitor possente,
a’ chiomati destrieri il fren ponesti.
Salve, equestre Nettuno8. I tuoi cavalli
van pasturando ne gli argivi prati 95che a te sacri pur sono; e con la zappa