Pagina:Leopardi - Paralipomeni della Batracomiomachia, Laterza, 1921.djvu/63

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appressamento della morte 53


     Misera gente, ah non vivesti assai
per trionfar d’obblio che tutto doma:
invan per te vivesti e non vivrai.
     Quanto me’ fa colui che non si noma
35al mondo no, ma nomerassi in cielo
quando deposto avrá la mortal soma!
     Lui dolcezza sará lo final gelo,
né teme obblio, ch’avrá la terra a sdegno
quando vedrá ’l gran Bello senza velo.
     40Or ti rafforza, o mio povero ’ngegno,
e t’aiti colui che tutto move,
ché dir t’è d’uopo di suo santo regno.
     Or prendi a far quaggiú l’ultime prove,
ora a mia bocca ispira il canto estremo.
45Cose altissime canto al mondo nòve.
     — Ve’ — quel soggiunse, e ’n ripensarvi io tremo,
— che solcando si va questo mar tristo
con iscommessa barca e fragil remo.
     Assai travaglio, assai dolore hai visto:
50or leva ’l guardo a le superne cose,
or mira ’l frutto del divino acquisto. —
    I’ sollevai le luci paurose
inver’lo cielo, e vidi quel ch’appena
mie voci smorte di ridir son ose.
55Come quando improvviso si serena;
il ciel giá fosco sopra piaggia bella,
e ’l sol ridendo torna e ’l di rimena,
     e ’l loco sua letizia rinnovella
mentre in ogn’altra parte è ’l ciel piú nero
60e tutto intorno chiuso da procella:
     cosí lassuso in mezzo a l’emispero
fendersi vidi i nugoli e squarciarse,
e disfogando i rai farsi sentiero.
     E poi l’aperta vidi dilatarse,
65e crescer lo splendore a poco a poco,
sí che lucido campo in cielo apparse.