Pagina:Lettere autografe Colombo.djvu/12

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viii avvertenza

muratori di civiltà, portiamo la nostra pietra all’edifizio, e pubblichiamo le sue lettere autografe, mandando loro innanzi un discorso, che crediamo valga facilmente assai più che i versi dell’Avellaneda, o di quanti altri poeti ed oratori si sgolano ad annegare nelle loro note il genio degli eroi. Che fanno qui queste cicale direbbe Colombo come Bruto nel Giulio Cesare di Shakspeare,

What should the wars do with these jigging fools?

le guerre della scienza e della vita eroica; ma crediamo che il severo profondamente poetico spirito di Colombo accetterebbe volentieri l’elogio che, al risorgere delle speranze italiane, gli tesseva in questa nobile città Cesare Correnti, invocante ad auspici e protettori tutti gli Dei della nostra patria.

Cesare Correnti è una di quelle felici intelligenze, proprie d’Italia, che associano insieme mirabilmente la scienza e la poesia. Egli andò dietro a Colombo con l’intelligenza non diremo del vecchio Toscanelli, ma del grande Humboldt e con l’amore di Ferrando Colon, il figlio della cordovese, che Roselly de Lorgues con tanto affetto fa moglie legittima e nobile. Veduto e studiato ch’ebbe tutti i suoi andamenti e tutta la sua vita, egli, con piena dottrina ed efficace eloquenza modellò e fuse