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Pagina:Letturecommediagelli.djvu/22

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xviii alla r. accademia

essersi più volte giovato del consiglio di lui. E come giureconsulto, il Torelli conseguì grandissima rinomanza in Italia e fuori con molte opere sue, e segnatamente colla pubblicazione, fatta con cura e diligenza insuperabili, delle Pandette comunemente conosciute col nome di Amalfitane o Fiorentine. Le quali Pandette, impresse dal Torrentino nel 1553, sono ancora oggidì uno de’ migliori testi della collezione Giustiniana; e sono ricercatissime dai legali e dai bibliofili. E con tutto ciò, tra i giuristi italiani, con Lelio Torelli caduto presso che in dimenticanza; cosa tra noi pur troppo non insolita. Ma a ravvivarne la memoria e a illustrarla suonò recentemente da Berlino la voce di Teodoro Mommsen; il quale nella sua edizione dei Digesta Justiniani Augusti (Berolini, apud Weidmannos, 1868-70, vol. 2 in-8) proclamò, che la stampa del Torelli, oltre alle qualità insigni dell’ingegno e della erudizione, deve reputarsi omnium emendatissima. Aggiungerò che il Torelli fu altresì del nostro Gelli familiare; tanto che avendo Simone Porzio, pubblico professore a Pisa, composta a data in luce una sua disputa latina sul punto «se l’uomo diventi buono o cattivo volontariamente» e dedicatala a Lelio Torelli, la tradusse il Gelli in volgare, come ne fa ricordo nella undicesima di queste sue Letture. E la sua versione, data a stampa dal Torrentino nel 1551, intitolò al nome di Francesco, figliuolo e seguace della scienza e della virtù di esso Lelio; poichè tenendosi il padre e il figliuolo per una sola persona, era cosa convenevole che al primo e al secondo degnissimi entrambi, si rendesse il medesimo omaggio in due lingue diverse, l’una figliata dall’altra.

Mi si dia venia della digressione in grazia del soggetto; e senza più ritorno alle Letture Dantesche, la quinta si fece dal Gelli nel 1558; e anch’essa ha dieci lezioni, con cui la