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28 LEZIONI

del proiciente si muova, come sospinto; ma dopo, ch’egli è libero, e fuori del pugno, che l’ha velocitato, quel continuare a muoversi per lungo spazio, mi farebbe restar attonito, s’io non m’imaginassi qualche virtù assistente, ed impressa in quel mobile, atta a portarlo per l’aria. Sarebbe un effetto senza causa, cioè un assurdo in natura, se una palla d’artiglieria volasse attraverso per l’aria, impedita dal mezzo ambiente, e non ajutata da potenza alcuna, che l’accompagnasse. Adunque par necessario, che nel corpo mobile s’imprima qualche virtù (qualunque ella sia), atta a cagionare il moto, e la velocità, o maggiore, o minore, conforme che maggiore, o minore sarà essa virtù impressa; la qual virtù nell’estinguersi poi, cioè nell’urtare in un corpo fermo, e resistente, fa quell’effetto, che chiamiamo urto. Che poi le forze degli uomini, de i venti, degli archi, e del fuoco, non solo s’imprimano, ma anco si conservino, e si moltiplichino l’una sopra l’altra ne i corpi naturali, l’esperienze sono infinite; ma fra l’altre questa è chiarissima. Immaginiamoci una Galera, che comincia a muoversi; se quando la Ciurma dà la seconda vogata, l’impeto della prima, non fosse conservato dentro alla corpulenza di quel navilio, e del suo carico, egli non camminerebbe mai con velocità maggiore di quella, che gli conferì la prima vogata stessa; così ancora se il momento della seconda remigata non si moltiplicasse, e non si aggiugnesse sopra quel della prima, non occorrerebbe mandar il nome di Ferdinando, ed il valor della Toscana per l’Oriente, a danneggiar la Barbarie. È ben vero, che la moltiplicazione degli impeti, non si va facendo, se non in quel primo centinaio di vogate, fin tanto, che l’impedimento dell’acqua arriva ad agguagliarsi, alla virtù d’una vogata; ed allora la velocità non cresce più, restando in equilibrio, la resistenza continua dell’acqua, e lo sforzo pur continuo della Ciurma.

Tronchinsi oramai le superfluità de’ discorsi, essendomi con lunghezza pur troppo noiosa affaticato nell’esporvi sì alti concetti, lasciati da quel sapientissimo Vecchio sopra la Forza della Percossa.

Dicemmo, che la gravità ne’ corpi naturali non dorme mai, ma continuamente lavora: che però in ogni brevissimo tempo


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