Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/211

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iii - rime 205

lix

[«Amor, in quanti modi il cor ripigli!».]


     Se con dolce armonia due istrumenti
nella medesma voce alcun concorda,
pulsando l’una, rende l’altra corda
per la conformitá medesmi accenti:
     cosí par dentro al mio cor si risenti
l’imago impressa, a’ nostri sospir sorda,
se per similitudin si ricorda
del viso, ch’è sopra l’umane menti.
     Amor, in quanti modi il cor ripigli!
Ché fuggendo l’aspetto del bel viso,
d’una vana pittura il cor pascendo,
     o che non vegghino altro i nostri cigli,
o che il pittor giá fussi in paradiso,
lei vidi propria: or va d’Amor fuggendo.


lx

[Potenza infinita d’Amore.]


     Solea giá dileggiar Endimione,
la stultizia accusar del bel Narciso,
prender ammirazion, che tanto fiso
mirò l’immagin sua Pigmalione.
     Lasso! è il mio vaneggiar con men ragione,
condotto ad amar tanto un pinto viso,
che non può con parole o con un riso
quetar quel gran disio che nel cor pone.
     Almen dar mi poteano qualche aita
gli occhi ch’io fuggo e le leggiadre chiome:
questo non può la vana simiglianza.
     Amor, la tua potenzia è infinita:
folle è chi ’l niega: ché ho veduto or come
amar può il tristo cor senza speranza.