Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/16

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10 vii - capitoli

     Se per lei bagni di lagrime il volto,
qui resti il pianto; perché a maggior bene65
tirata l’ha Colui, che a te l’ha tolto.
     Né ti facci doler concetta spene
di piú contento, ché da dolce fiore
il frutto spesse volte amaro viene.
     Se pur il proprio mal ti dá dolore,70
ch’è transitorio, e sua gloria infinita,
sarebbe invidia, non giá vero amore.
     Facci da te ogni dolor partita:
e se pur pianger déi, piangi te stesso,
non lei, perch’è trascesa a miglior vita.75
     Piangi tua dura sorte, che concesso
non t’ha, che sia al bel cammin suo scorta:
ch’or fia tua, quando sará permesso.
     Ed anco di te stesso ti conforta,
pur che per questo esemplo sia piú saggio80
a non amar tanto una cosa morta.
     Giá non t’ha fatto la fortuna oltraggio:
quel, ch’era in suo poter, messo ha ad effetto,
quando è venuto il fin del suo viaggio.
     Ma tu perché ponesti tanto affetto85
a mortal cosa, fragile e caduca,
come se eterno fussi il suo diletto?
     E ’l nostro sommo bene, il vero duca
spesso il mortal cammin rompe e traversa,
perché il suo lume in nostro oscur piú luca.90
     Sare’ di lui ogni memoria persa,
tanto sono i mortali al cader proni,
se non venissi qualche cosa avversa.
     Dunque il divino amor con questi sproni
nostra prostrata mente al ciel rileva,95
perché se stessa al fin non abbandoni.
     Questo grieve dolor del cor tuo lieva,
né prendi tanto danno a tua salute,
qual, se non ora, ad altra etá giugneva.