Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/169

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CAPITOLO II


     Parte da riso e parte da vergogna,
per quel vedevo e udivo, occupato
mi stavo quasi a guisa d’uom che sogna;
     quando mi sopraggiunse qui dallato
un che per troppo bere era giá fioco;5
conobbil presto, perch’era sciancato.
     Allor mi volsi e dissi: — Ferma un poco,
o tu che vai veloce piú che pardo;
férmati alquanto meco in questo loco. —
     E lui fermò il suo passo e fece tardo,10
come caval che punto sia restio:
ond’io a lui: — Ben venga, Adovardo. —
     E lui: — Giá Adovardo non son io,
ma son la sete; piú singular cosa,
che data sia agli uomini da Dio;15
     piú cara, eletta, degna e preziosa.
Ed or qui nasce una sottil dispúta,
ed un bel dubbio in questo dir si posa.
     Se ’l ber scaccia la sete, ch’è tenuta
sí dolce cosa: adunque il bere è male.20
Ma in questo modo poi ell’è soluta.
     Mai non si sazia sete naturale
come la mia; anzi piú si raccende,
quanto piú beo, come beessi sale;
     e come Antèo le sua forze reprende25
cadendo in terra, come si favella,
la sete mia dal ber piú sete prende.