Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/173

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CAPITOLO III


     Avea finito Bartolin di dire:
e perché ’l tempo passa e non aspetta,
si volse a me dicendo: — Io vo’ partire. —
     Ed io a lui: — Deh! lascia tanta fretta,
e dimmi un poco ancor che gente è questa5
finch’io conosca il resto della setta.
     Chi è quel c’ha quella berretta in testa,
ed il cappuccio porta in sulla spalla? —
E lui: — La vista sua tel manifesta:
     ve’ come lieto vien che nel vin galla:10
è Bertoldo Corsin che m’innamora,
tanto e sí bene al suon del bicchier balla.
     Quando beúto egli ha, piscia una gora,
ch’io credo che un mulin macinerebbe;
ve’ ’l suo figliol, che con lui viene ancora.15
     Questo, come da suo’ prim’anni crebbe,
dette presagio ver della sua vita
che bevitore e goditor sarebbe.
     Dice il padre che a bere e’ lo rinvita:
e non ti potre’ dir quanto contento20
egli ha di questo, ed al ben far l’aita.
     — Chi è quel che ha un mento sotto a’ mento?
E’ non mi par che sia della spezie etica. —
E lui: — È lo Scassina a tuo talento.
     Questo giá ebbe il mal della diabetica;25
cominciògli la sete insino allotta,
né mai d’allora in qua altro farnetica.