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xv - canzoni a ballo 229

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     Tra Empoli e Pontolmo in quelle grotte,
andando a Pisa, mi giunse la notte.
     Io mi credetti a Pontolmo fermare;
perch’e’ pioveva, io nol potetti fare;
egli era buio, ond’ebbi a sdrucciolare
ad Empoli in iscambio quella notte.
     Dello scambiar non me ne maraviglio:
come sapete, è men d’un mezzo miglio;
e spesse volte simile error piglio,
come anche m’intervenne quella notte.
     Ad Empoli il caval fermar si vòlse:
or udirete come ben gli accolse;
perdonatemi voi: il cul ci volse
l’ostessa, ove alloggiammo quella notte.
     La non ci dette la sera altro a cena
ch’arista e lombi e di vitella schiena;
tagliato il dito avea, e per la pena
attese a succiar uova tutta notte.
     Poi certe mele dinanzi ci misse,
e vuolmi ricordar che l’arrostisse;
per farci onore il tondo manomisse,
ed altro non si bevve tutta notte.
     Tal che, quando io farò questo viaggio,
di stare altrove in error piú non caggio,
da poi che questa ostessa fa vantaggio,
ch’io non ebbi giamai la miglior notte.