Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/279

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canto decimoquarto

Senza l’obietto, o ver da lui distinto?
55Che fuor della gagliarda arbore viva
L’occulta forza vegetal? Si schiude
Per valor della terra il seppellito
Seme, germoglia, si divide e s’alza
In foglie, in rami; con robusti nodi
60Stringe ed avvinghia la materna zolla,
Respira, ama, s’infiora, infin che un diro
Turbo lo schianti, o avversa scure il tocchi.
Forse quella virtù, che gli diè vita,
Morto lui, fugge altrove, e per sè vive?
65Suono di melodiosa arpa, che il petto
D’indefinita voluttà comprende,
Quando i candidi rai piove la luna
Su le mute campagne, e i sonnolenti
Fiori deliba la fugace orezza,
70Io già non penserò, che per sè solo
Le sonore dell’aria onde commova:
Frangi le corde del gentil strumento,
Tosto il suon cesserà. Simile in questo
È l’uman corpo all’arpa: Amor risveglia,
75Divo maestro d’armonie, le nostre
Facoltà, che nel cor siedon sopite;
E quanto in noi più gentilezza è posta,
Maggiore e più gentil n’esce un accordo
D’affetti e di pensier, d’opre e di accenti.
80O Amor, sole dell’alma, ove io ripensi
Di che alata virtù doni il pensiere,
Scarso e povero assai sembrami il lume,
Che avviva ed orna ogni creato oggetto!
A te, come alla mite alba la schiera
85Dei canori volanti, al nuovo aprile
La famiglia dei fiori, al Sol che torna
Tutte cose universe, alzasi in festa
L’umana vita, e al magistero intende



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