Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/122

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108 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     Quanto al ciel più vicin sorge eminente,
     Tanto più di caligine condensa
     Fuma continuo, e d’atra nebbia è ingombro;
     E questo avvien, perchè sì tenui in prima
     695Nascer soglion le nuvole, e sì rare,
     Che il vento, che le caccia, anzi che gli occhi
     Possan mirarle, in un le stringe all’alta
     Cima de’ monti, u’ finalmente insorta
     Turba molto maggior, folte e compresse
     700Ci si rendon visibili, e dal sommo
     Giogo pajon del monte ergersi all’Etra:
     Che ventosi nel ciel luoghi patenti
     Ben può mostrarne il fatto stesso, e il senso,
     Qualor d’alta montagna in cima ascendi.
705In oltre, che natura erga da tutto
     Il mar molti principj, apertamente
     Ne ’l dimostran le vesti in riva all’acque
     Appese, allor, che l’aderente umore
     Suggono, onde viepiù sembra, che molti
     710Corpi possano ancor dal salso flutto,
     Per accrescer le nubi, in aria alzarsi.
In oltre d’ogni fiume, e dalla stessa
     Terre sorger veggiam nebbie, e vapori,
     Che quindi, quasi aliti in alto espressi,
     715Volano, e di caligine spargendo
     L’Etere, a poco a poco in varie guise
     S’uniscono, e a produr bastan le nubi: