Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/140

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126 di Tito Lucrezio Lib. VI.

Al fin se tu ne’ fervidi lavacri
     Entrerai ben satollo, e trattenerti
     1180Vorrai nel soglio del liquor bollente,
     Quanto agevol sarà, che al vaso in mezzo
     Tu caggia? E de’ carbon l’alito grave,
     E l’acuta virtù quanto penètra
     Facilmente il cervel, se pria bevuto
     1185Non abbiam d’acqua un sorso? o se le fredde
     Membra innanzi non copre il fido servo?
     O se da’ penetrabili suoi dardi
     Con grato odor non ne difende il vino?
     E non vedi tu ancor, che nella stessa
     1190Terra il solfo si genera, e che il tetro
     Puzzolente bitume ivi s’accoglie?
     Al fin dove d’argento, e d’or le vene
     Seguon, cercando dell’antica madre
     Con curvo ferro il più riposto grembo,
     1195Forse quai spiri allor puzzi maligni
     La sotterranea cava, e che gran danno
     Faccian co ’l tetro odor gli aurei metalli;
     Quai degli uomini i volti, e quai de’ volti
     Rendan tosto il color, non vedi? o forse
     1200Non senti ’n quanto picciolo intervallo
     Soglion tutti perir quei, che dannati
     Sono a forza a tal opra? Egli è mestiero
     Dunque, che tai bollori agiti, e volga
     In se la terra, e fuor gli spiri, e sparga