Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/157

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di Tito Lucrezio Lib. VI. 143

     L’aer, e tutto il trasmuta; e finalmente
     Giunto nel nostro ciel dentro il corrompe
     Tutto, e a se l’assomiglia, e stranio il rende.
     1640Tosto dunque un tal morbo, e una tal nova
     Strage cade o nell’acque, o nelle stesse
     Biade penètra, o in altri cibi, e pasti
     D’uomini, e d’animali, o ancor sospeso
     Resta nell’aere il suo veleno; e quindi
     1645Misto spirando, e respirando il fiato
     Siam con l’aure vitali a ber costretti
     Quei mortiferi semi. In simil guisa
     Suol la peste sovente anche assalire
     I buoi cornuti, e le belanti greggie.
     1650Nè monta, se in paesi a noi nemici
     Si vada, o muti cielo, o se un corrotto
     Aer spontaneamente a noi d’altronde
     Sen voli, o qualche grave, e inconsueto
     Spirto, che nel venir generi ’l morbo.
1655Una tal causa di contagio, un tale
     Mortifero fervor già le campagne
     Ne’ Cecropj confin rese funeste,
     Fe’ deserte le vie, di cittadini
     Spopolò le città: poichè venendo
     1660Da’ confin dell’Egitto, ond’ebbe in prima
     L’origin sua, molto di cielo, e molto
     Valicato di mar, le genti al fine
     Di Pandione assalse; indi appestati