Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/222

Da Wikisource.
208 Lib. III. Fav. XVIII.

FAVOLA   XVIII.

Il Pavone a Giunone.

MAl soffrendo il Pavon che a se negato,
     Concesso fosse a l’Usignuolo il canto,
     Con Giunon si lagnò, che dove ammira
     Di quel la voce ognun; ei fuori appena
     5La manda, che dispregio, e beffe incontra.
     La Dea il consola: ed in grandezza il vinci,
     Ed in beltade. Il collo pur t’adorna
     Vivo smeraldo, e a te l’occhiuta coda
     (Sì vario n’è il color) più gemme intessono.
     10Muta avvenenza ma qual pro mi reca,
     Se nel canto ei m’avanza? A suo talento
     Divise i pregi il fato: a l’Usignuolo
     Il canto, a te beltà, la forza a l’Aquila.
     15Se a destra è il Corvo, e la Cornacchia a manca,
     Predicon l’avvenir; e ognun n’è pago.
          * Ciò che ti vien negato, nol ricerca,
     Nè sarai poscia a querelarti astretto.