Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/254

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240 Lib. V. Fav. V.

     Se chi se ne cibò, vivesse ancora.
          * La favoletta tal timor m’incusse,
     Che i perigliosi lucri ebbe in orrore.
     Pur ricco è, dite, chi a quel d’altri agogna.
     10A color che periro attendi; salvi
     Pochi vedrai; fur gli altri tratti a morte.
     Dannosa a molti, utile audacia è a pochi.


FAVOLA   V.

Il Giullare, e il Villano.

SPesso i mortali tal furore ingombra,
     Che al preso inganno appigliansi tenaci,
     Finchè chiaro argomento il fallo scopra.
          * Cura d’illustri giuochi un ricco prende;
    5 E perchè novità li renda accetti,
     Di nuovo gioco offre mercè a l’autore:
     Di lode a la tenzon vengon gli artieri:
     Fra questi per li suoi urbani motti
     Noto Giullar, tal ne promise, ch’unqua
     10Per l’addietro teatro alcun non vide.
     La fama tutta la cittade aduna;
     Fassi il teatro a la gran folla angusto.
     Quando senza apparato, e senza attori
     Solo in scena compare. Si procaccia
     15La stessa novità silenzio: il capo