Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/26

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12 di Tito Lucrezio Lib. V.

     Ma chi mai non gustò del viver nostro
     L’amor, nè fu del numero, qual danno
     Del non esser creato unqua aver puote?
     In oltre onde impiantate a’ Numi eterni
     290Fur l’idee, fur gli esempj, ond’essi ’n prima
     Tolser ciò che d’oprare ebber talento?
     E come unqua saper de’ primi corpi
     Potetter l’energia? come vedere,
     Quant’essi in variando ordine e sito
     295Fosser atti a produr, se dalla stessa
     Natura co ’l produr, lor non fu dato
     Vero indizio di ciò? Poichè in tal guisa
     Fur delle cose molti semi in molti
     Modi percossi eternamente e spinti;
     300E da’ propri lor pesi ebbero in sorte
     D’esser cacciati e trasportati in varie
     Parti dell’universo, ed accozzarsi
     Fra loro in ogni guisa, e di tentare
     Tutto ciò che crear poteano, in modo
     305Che per cosa mirabile additarsi
     Non dee, se in tai dispositure al fine
     Caddero e in tali vie, quali or bastanti
     Sono a produr rinnovellando il tutto.
Che se pur delle cose ignoti affatto
     310Mi fossero i principj, io non pertanto
     Ardirei raffermar sicuramente
     Per molte e molte cause, e per gl’istessi