Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu/176

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148 di Tito Lucrezio Lib. III.

     745Viver fra i venti, e le tempeste, e i nembi?
     Perchè in oltre sanar con medic’arte
     Si può la mente, come il corpo infermo,
     E sedarne i tumulti, anco da questo
     Apprender puoi, ch’ella è soggetta a morte;
     750Poich’è mestier, che aggiunga parti a parti,
     E l’ordin cangi, o dell’interna somma
     Qualche cosa detragga ognun, che piglia
     A variar la mente, o qualunque altra
     Corporea essenza trasmutar procura.
     755Ma possibil non è, che l’immortale
     Cangi sito di parti, o nulla altronde
     Riceva, o perda del suo proprio un pelo;
     Poichè qualunque corpo il termin passa
     Da natura prescritto all’esser suo,
     760Questo è sua morte, e non è più qual era.
L’animo adunque, o sia da morbo oppresso,
     O da medica man restituito
     Nel primiero vigor, chiaro ne mostra,
     Com’io già t’insegnai, d’esser mortale;
     765Talmente par, ch’alla ragion fallace
     S’opponga il vero, e le interchiuda affatto
     Di rifugio e di scampo ogni speranza,
     E con doppio argomento il falso atterri.
     Spesso in somma veggiam, che appoco appoco
     770Perisce l’uomo, e perde il vital senso
     A membro a membro. Pria l’ugna, e le dita