Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu/40

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12 di Tito Lucrezio Lib. I.

     Che nulla mai si può crear dal nulla,
     Mentre di seme ha di mestieri il Tutto
     Per uscire a goder l’aure vitali.
     Al fin, perchè veggiamo i culti luoghi
     290Degl’inculti più fertili, e per l’opra
     Di rozze mani industriose i loro
     Frutti produr molto più vaghi all’occhio,
     Più soavi al palato, e di più sano
     Nudrimento allo stomaco, n’è pure
     295Chiaro, che d’ogni cosa in grembo i semi
     Stanno alla Terra, e che da noi promossi
     Sono a nuovo natal, mentre rompendo
     Co ’l curvo aratro, e con la vanga il suolo,
     Volgiam sossopra le feconde zolle,
     300Domandole or co ’l rastro, or con la marra.
     Che se questo non fosse, ogni fatica
     Sarebbe indarno sparsa, e per se stesso
     Produrrebbe il terren cose migliori.
     Sappi oltr’a ciò, che si risolve il Tutto
     305Ne’ suoi principj, e che non può Natura
     Alcuna cosa annichilar giammai.
     Che se affatto mortali, e di caduchi
     Semi fosser conteste, all’improvviso
     Tutte a gli occhi involarsene, e perire
     310Dovrian le cose, onde mestier di forza
     Non fora in partorir discordia e lite
     Tra le lor parti, e l’union disciorne.